venerdì 26 gennaio 2007

Anarchia


"Anarchia vuol dire non-violenza, non-dominio dell’uomo sull’uomo, non imposizione
per forza della volontà di uno o di più su quella di altri.
È solo mediante l’armonizzazione degli interessi, mediante la cooperazione volontaria, con l’amore, il rispetto, la reciproca tolleranza, è solo con la persuasione, l’esempio, il contagio e il vantaggio mutuo della benevolenza che può e deve trionfare l’anarchia, cioè una società di fratelli liberamente solidali, che assicuri a tutti la massima libertà, il massimo sviluppo, il massimo benessere possibili. L’origine prima dei mali che han travagliato e travagliano l’umanità, a parte s’intende quelli che dipendono dalle forze avverse della natura, è il fatto che gli uomini non han compreso che l’accordo e la cooperazione fraterna sarebbero stati il mezzo migliore per assicurare a tutti il massimo bene possibile, e i più forti e i più furbi han voluto sottomettere e sfruttare gli altri, e quando sono riusciti, a conquistare una posizione vantaggiosa han voluto assicurarsene e perpetuarne il possesso creando in loro difesa ogni specie di organi permanenti di coercizione. Da ciò è venuto che tutta la storia è piena di lotte cruenti: prepotenze, ingiustizie, oppressioni feroci da una parte, ribellioni dall’altra.
Non v’è da fare distinzioni di partiti: chiunque ha voluto emanciparsi, o tentare di emanciparsi, ha dovuto opporre la forza alla forza, le armi alle armi. Però ciascuno, mentre ha trovato necessario e giusto adoperare la forza per difendere la propria libertà, i propri interessi, la propria classe, il proprio paese, ha poi, in nome di una morale sua speciale, condannata la violenza quando questa si rivolgeva contro di lui per la libertà, per gli interessi, per la classe, per il paese degli altri."
Errico Malatesta, 1924

lunedì 22 gennaio 2007

SINDROME

Quando si arriva in Palestina nei primi giorni di permanenza, ma spesso anche nei primi mesi, si sviluppa quello che si potrebbe chiamare Sindrome Schoizzofrenica da Salvatore del Mondo. Per quanto uno cerchi di conservare il suo equilibrio e la sua stabilità questo posto è in grado di entrarti nella testa. Così ti trovi a voler fare mille e una cose, a pensare a progetti, documentari, articoli, storie su cui potresti lavorare, da raccontare. Vuoi dare a tutti i costi il tuo contributo, forse molto più per te stesso, per non sentirti in colpa rispetto ad una situazione del quale un po’ senti anche tu la responsabilità, che per aiutare davvero la gente che vive qui. Perché i Palestinesi trasmettono tutto tranne che bisogno di aiuto..qui la gente aiuta te, non ti chiede di essere aiutata.

Ed è questo il grande paradosso..noi poveri stronzi armati di buone intenzioni siamo anni luce da questa gente!! Con tutte le nostre comodità, le nostre opportunità, la nostra istruzione, la tecnologia..noi siamo davvero dei ritardati dal punto di vista politico e sociale. La nostra cultura occidentale non si traduce altro che in una sottesa presunzione di superiorità effettiva, quando la liberalizzazione dei costumi è l’unico rimasuglio di un antico fermento intellettuale ormai perduto. Qui i disoccupati al bordo della stradA ti citano Tolstoy mentre noi guardiamo la tv per sapere chi è l’ultima velina che si è scopata il calciatore, gli studenti dell’università si laureano in tre anni lavorando nel frattempo e facendo anche volontariato in qualche associazione nel tempo libero, mentre noi facciamo fatica a lavoricchiare due ore in un bar la sera per pagarci il cinema la domenica…siamo dei sfottuti ritardati mentali! Parliamo delle telenovelas come se fossero le nostre vite, guardiamo i film sognando di essere il Tom Cruise di turno e sogniamo di andare in televisione per fare i cantanti o gli attori..siamo dei ritardati. la nostra preoccupazione massima è trovare qualche motivo per lamentarci della sanità che fa schifo, dei servizi che fanno cagare, poi non ha importanza se non paghiamo le tasse..tanto evadere il fisco fa figo, fa furbo!!! Non ci passa neanche per il cervello di trovarci tra amici a discutere del fatto che stanno costruendo una bella base militare piena di bombe atomiche a qualche metro da casa nostra…

Eppure siamo i primi a sentirci superiori, a parlare., come la nostra Orianona nazionale, della superiorità della nostra cultura…a sentirci in dovere di aiutare gli altri, perché noi siamo fortunati, noi abbiamo tutto..quante cazzo di volte ho sentito questa frase!!!

ci manca solo una cosa, l’unica che non possiamo comprarci e che nessuno può darci..UN CERVELLO!!!

martedì 16 gennaio 2007

Nashas

Nashas Road sembra un parcheggio di taxi...ce ne sono una quantità incredibile alle dieci del mattino: piccoli, lunghi da otto posti, a furgoncino...una distesa gialla rumorosa, dove ai clacson si mescolano le voci degli autisti che chiamano i clienti, gli odori dei baracchini che vendono caffè, quello intenso e profumato dei nargilè..e la polvere, tantissima polvere, che ogni volta che un taxi parte a tutta velocità si alza in gigantesche nuvole che rendono tutto ovattato per qualche minuto e poi si disperdono lasciandoti sui vestiti un sottile strato di terra. E, come per magia, da quelle nuvole giallastre vedo comparire sul fondo i blocchi di cemento. No, Nashas Road non è un parcheggio, è quello che qua si chiama Road Block..non è un check point, e non è neanche un terminal, non ci sono militari..non serve per controllare i documenti o bloccare l'accesso a qualche settelment..un Road Block serve solo a rendere la comunicazione più difficile, serve a far si che una strada che si potrebbe fare in venti minuti venga percorsa in un'ora e mezza. Un Road Block serve a far si che qualsiasi palestinese si ricordi in ogni momento che le zone A, B e C non sono altro che l'ennesima presa per il culo di una società occidentale che è davvero convinta che esista un processo di pace in atto tra Israele e Palestina...Si tratta di enormi blocchi di cemento che ostruiscono la strada tra due città, Hebron e Betlemme in questo caso, e costringono chiunque a fare una strada alternativa, se c'è, oppure a scendere, scavalcare a piedi la barriera e prendere un altro taxi dall'altra parte. Se per caso poi qualcuno pensasse di rimuovere i blocchi, allora arriverebbe subito l'esercito israeliano a rimetterli, piazzerebbe li una bella jeep militare e probabilmente arresterebbe i responsabili di questa grave violazione della sua sicurezza. Non ha importanza se questa zona dovrebbe essere sotto la totale autorità palestinese, e non ha importanza neanche che qui dovremmo essere all'interno della Green Line...
Dall'altro lato di Nashas Road mi si presenta lo stesso spettacolo di prima, taxi ovunque, urla, grida, odore di tabacco aromatico, e polvere.."Tuani Tuani"..mi corre incontro un uomo, "Hebron"basta una parola perchè lui mi indichi subito su quale sherut devo salire. Io mi accomodo, ma so che dovrò aspettare parecchio..il furgoncino è ancora vuoto, ci siamo solo io e un ragazzino cha avrà al massimo diciotto anni..dovremo aspettare finchè il furgoncino si riempia per partire..così ne approfitto per guardarmi intorno. Quando giro la testa alla mia destra mi trovo davanti una scena che non avevo notato prima..in mezzo alla strada c'è un divano! si, un divano da tre posti, che una volta doveva essere blu, con disegnati dei fiori rossi. Sopra, comodamente seduti come se fossero nel salotto di casa loro, tre uomini: uno mi fissa, mentre con uno stuzzicadenti si pulisce meticolosamente i denti, senza smettere di guardarmi; quello al suo fianco ha la pelle quasi nera, sembra bruciacchiato dal sole, ma gli occhi tanto chiari da essere quasi trasparenti..anche lui mi osserva, ma senza curiosità, quasi come se fosse annoiato e non avesse di meglio da fare. Il terzo capisco che dovrebbe essere l'autista del mio taxi..svaccato anche lui, le gambe allungate, le braccia incrociate sul petto, ogni tre secondi, preciso come un orologio svizzero, urla "hebron hebron hebron"..il tutto senza minimamente scomporsi. Mi sembra di esser finita in un film..ogni taxi che parte sfreccia a meno di un centimetro dal divano sollevando nuvole di polvere mista allo scarico di veicoli che non hanno mai visto un cambio di filtro nella loro lunghissima esistenza..eppure questi tre sembrano non solo non accorgersene, ma essere assolutamente a loro agio.
Quando il taxi parte faccio in tempo a notare l'ultimo particolare assordo di questa allucinazione: dietro di loro, sui blocchi di cemento che ostruiscono la strada c'è un poster: Saddam Hussein, ben vestito e con un braccio alzato sorride alle spalle del divanetto, e forse non solo di quello...

lunedì 15 gennaio 2007

Circus Behind The Wall


Circus Behind the Wall è una scuola nata dal sogno di un uomo. Shadi ha sempre desiderato aprire la sua scuola di circo, e finalmente, nel giugno del 2006 ce l'ha fatta! Una decina di ragazzi, trainer dall'estero, tanta buona volontà e un teatro a Ramallah: walà, il gioco è fatto! Il sogno diventa realtà..e come per magia, il corpo e la mente diventano immagine, colore, forma. E' un circo palestinese che racconta la Palestina, attraverso un viaggio che dal muro all'areoporto non è fatto di parole, ma di emozioni e sensazioni attinte direttamente dal profondo dell'essere. Istanti di pura magia regalati in un'ora di spettacolari giochi acrobatici con il solo sottofondo del battito del cuore, un battito che non sai capire se tuo o loro...
Ma ogni medaglia ha il suo rovescio, e qui, nel paese delle contraddizioni, il muro costruito da Israele è solo la più piccola delle barriere che separano le persone, e, paradossalmente, anche la più fragile. E' solo un muro in fondo, un muro fatto di polvere mescolata ad acqua, un muro che così come è stato eretto può essere distrutto ...Eppure questo muro diventa tremendo perchè feticcio di altre barriere, questa volta molto più difficili da abbattere. Sono le barriere del cuore, quelle che ragazzini acrobati ventenni si sono costruti nell'animo per non soccombere in questo mondo dove di magia ce n'è davvero poca! Sono le barriere della mente che proteggono dalla pazzia..sono i muri che difendono le poche certezze di chi vive nella costante precarietà. E' questo il muro della vergogna, quello che spinge dei ragazzi a rifiutare il training di una ragazza olandese perchè con un passato da israeliana... non ha importanza se brava,... non ha importanza se amica,... non ha importanza se i suoi sogni sono come i loro, non ha importanza se piange nel bagno perchè un rifiuto proprio non se lo aspettava...basta poco a erigere questi muri..chissà quanto ci vorrà per abbatterli.

giovedì 11 gennaio 2007

I'm Back!


Storie di ordinaria follia e' il mio blog, ad uso e consumo di chiunque voglia leggere un po' delle mie riflessioni sui viaggi che intreprendo appena posso e appena le mie finanze me lo permettono. In realta' per i prossimi nove mesi saro' in Palestina, nella West Bank, precisamente a Beit Sahour, quindi non vi aspettate grandi spostamenti..Sono qui come Casco Bianco, Corpo Civile di Pace, per l'Ass.Comunita' Papa Giovanni XXIII, che non posso non ringraziare per l'opportunita' che mi ha concesso, e lavorero' per l'Ass. locale Alternative Information Center, fondata da Palestinesi e Israeliani con l'obiettivo comune di diffondere quante piu' informazioni possano aiutare a porre fine al conflitto che devasta questa meravigliosa terra.
Nei link che ho aggiunto a fianco trovate i miei report audio giornalieri con "il bollettino di guerra" come lo chiama mia madre, il sito dell'associazione per cui lavoro qui e quello di Antenne di Pace che e' il sito sul quale dovrebbero essere pubblicati i miei articoli. Ho aggiunto anche i link al sito di mio fratello, che pero' non lo aggiorna dal '15-18 e quello di un grande amico, il Vessa, che ha insistito parecchio perche' facessi il blog.(ciaooo vessaa!!)
A breve, giuro, comincero a lavorarci seriamente!!!
anahi