martedì 13 maggio 2008

INTOLLERBUS

Tutti i giorni prendo l’autobus.

Non è lunga la strada da casa mia all’ufficio della radio, ma quei dieci minuti sono sempre un’eternità.

Un’ eternità di scene di ordinaria intolleranza in una Brescia ormai prossima alla deriva morale, di quella moralità che i bresciano non sanno più descrivere, di quella moralità che era quando un essere umano era tale per il solo fatto di esistere.

Ho deciso che renderò anche voi partecipi di quello che vedo e sento tutti i giorni, sull’autobus 9 cha va da Buffalora al villaggio Violino.

Benvenuti sull’Intollerbus, destinazione: follia pura!

1° storia: “Tossico vs Immigrato/suora: 1 a 0”

Sono entrata sul bus da cinque minuti.

Sono in piedi.

Ci sono posti per sedersi, ma oggi ho passato la giornata seduta la computer, ho voglia di stare un po’ alzata e far riposare le chiappe!.

Così mi appoggio al mio palo e comincio a scrutare le facce intorno a me:

una ragazza di colore, molto bella, grassoccia, di quell’abbondante che sa di Pacha Mama, che ricorda la madre terra in tutto il suo simbolico significato di prosperità.

Parla al telefono.

Sta seduta in uno dei due posti attaccati alla mia sinistra.

Alla mia destra, dove c’è lo spazio per le carrozzine, che tra parentesi, non ci ho mai visto una carrozzina in vita mia, c’è una suora. Mi da le spalle e sembra proprio piccola, nel suo vestito lungo nero, che mi ricorda tanto i vestiti delle donne musulmane di Betlemme, a vederla da dietro.

Passiamo di fronte al centro di assistenza per tossicodipendenti, davanti ad una orrenda concessionaria di macchine. Come sempre facce ditrutte salgono, i segni della droga nel volto scavato, corpi devastati da se stessi, occhi limpidi eppure distanti, bocche senza sorriso e rughe di fatica sul volto.

Due di loro si avvicinano.

Lei si siede sul sedile di fianco alla ragazza di colore, ma non sta diritta, le da le spalle, sta mezza seduta e mezza a ciondoloni. Intanto parla con lui, un omone, alto due metri almeno, tanto alto che sembra debba uscire con la testa dal bus.

Lei parla ad alta voce, molto alta.

Troppo.

Tutto l’autobus è ben presto catalizzato sulla sua voce, i cui decibel impediscono qualsiasi altra conversazione.

E’ allora che comincia lo show.

La prima ad avere la sua è la suora.

“Voglio vedere dove mi mandano a dormire”

Lo spilungone la guarda, fa la faccia da chi ne sa:

“Dalle suore probabilmente”

e lei, sempre a ciondoloni sul seggiolino,

“ No se mi hanno mandato dalle suore io li mando a farsi fottere. Che cazzo vogliono io da quelle troie non di vado. Sono tutte delle puttane, si fottono se credono che io vado a stare dalle suore, piuttosto per strada di nuovo”.

La suorina buttal’occhio, ma non si gira..l’autobus sembra come stare in un silenzio imbarazzato…sento i pensieri della gente farsi stretti sulla suorina. Lei abbassa le spalle. Non vedo i suoi occhi, è di spalle, ma sento il suo dispiacere. Rimane così..ferma con le spalle strette, chiusa nel suo vestitino nero, con la testa coperta..mi ricorda Yusra, mi ricorda il dolore dell’umiliazione.

La seconda ad avere la sua è la ragazza di colore.

Ha smesso di parlare al telefono. Sale una ragazza di colore magra, con un sacco di treccine ed una maglietta rosso fuoco. Si salutano:

“Ciao mama”,

due sorrisi, come stai, come va e poi la magrina si va a sedere in fondo.

La tossica ha perso interesse nella suorina.

“hey ma da voi ci sono tutte queste merde? Perché non mi è sembrato di vederne tanti a Torino”

Lo spilungone ancora fa la faccia di uno che ne sa:

“ Beh, no, magari tu non li hai visti, ma ci sono, valà che ci sono anche li”.

Lei allora butta un occhio dietro di se, la ragazza nera sta guardando fuori dal finestrino, ma vede il suo riflesso nello specchio.

“Certo che negri questi qui sono proprio dappertutto adesso, queste merde qui che cazzo vorrano poi!”.

Lo spilungone non aggiunge commenti, allora lei rincara la dose:

“Questi negri di merda puzzano e dovrebbero andarsene, che cazzo vogliono qui, non c’è posto neanche per noi, che tornino al loro posto. Che poi, saranno mica esseri umani quelli, sono scimmie altro che umani”.

La ragazza si fa seria.

La sua faccia cambia espressione e questa volta la vedo. Vedo i suoi occhi che guardano in basso, vedo la ruga che le compare sulla fronte, vedo l’espressione di una quotidiana rassegnazione. Poi si agita. Il suo corpo si ribella. Si accomoda sulla sedia, ma si vede che è solo un modo per spezzare quel momento..per spostare la sua ttenzione su qualche altra cosa, per non rimanere li, sotto lo sguardo silenzioso di chi assiste alla scena, come me.

E allora la tossica rincara la dose, non aspettava altro.

“Beh hai bisogno di uscire?, devi spostarti?, no perché vedo che ti muovi. Guarda che se hai bisogno di uscire basta che lo dici..o forse non ci stai sulla sedia?”.

Allora la ragazza di colore la guarda.

“No, Non devo uscire. Se devo uscire te lo dico”

poi sposta lo sguardo in avanti.

Fiera.

Sola.

Orgogliosa.

Sposta lo sguardo in avanti e non è più su questo autobus. E’ altrove. In un posto dove vorrei andare anche io. Altrove. Ovunque sia non qui!.

La tossica continua a dire qualche cosa, ma lei non le risponde. Rimane a guardare avanti, Rimane nel luogo dove è andata.

Io invece rimango annichilita su me stessa, la mente così ossessionata dalle mazzate che darei alla tossica che a malapena mi accorgo che non è detto niente..non ho fatto niente. Sono rimasta li a guardare. Sono rimasta nel mio piccolo angolo di mondo senza parole.

Sono le nove e mezza del mattino e io ho già voglia di vomitare. Sono le nove e mezza del mattino e la guerra tra poveri è appena agli inizi. Un giornata di battaglie e combattimenti si delinea all’orizzonte, mentre io ancora non so da che parte sto, tra disperati chi si scieglie? Quando anche i poveri ed i discriminati si rivoltano l’uno contro l’altro, con chi si unisce per combattere gli oppressori?