mercoledì 4 febbraio 2009

DILEMMA

Esiste un dilemma nell'ambito dell'aiuto umanitario che riguarda tutte le associazioni, NGO e organizzazioni internazionali e che e' l'emblema della problematica legata alla cooperazione, all'aiuto di emergenza ed in generale di tutte le organzzazioni di ogni tipo che hanno una dimensione spaziale separata tra lavoratori nel "field" e impiegati che prendono decisioni nel quartier generale.

Il problema sembra banale ma di fatto non lo e'.

Chi lavora sul campo, come ho fatto io negli ultimi anni della mia vita, ha una prospettiva storico-politico-economica che e' di fatto ancorata alla realta'. Il "field worker" non solo ha, in genere, ma non sempre, studiato sui libri, ma conosce e percepisce ogni singolo aspetto della realta' intorno a lui perhce' quella realta', che lui analizza e' la stessa dove lui deve vivere.
I cooperanti che lavorano in Africa, gli attivisti che lavorano in Medio Oriente, i monitori dei diritti umani in Russia o Cina, sono tutte persone che vivono la stessa realta' dove lavorano. Non c'e' divisione spaziale tra il loro lavoro e la loro vita. E' come se vivessero in ufficio (una volta una hostess mi disse che l'aereo per lei era come il suo uffcio!!!). Il risultato di questo sistema e' che queste persone hanno una conoscenze della realta', delle dinamiche, delle violazioni che vedono, del sistema all'interno del quale vivono che e' assolutamente radicato nella esperienza diretta della realta' che vivono. Quando loro parlano di violazioni dei diritti umani, di guerra, di conflitti, di vittime, di profughi, di dolore, loro non se lo immaginano, loro stanno parlando di occhi veri, di odori, di emozioni provate, di sudore e pianto. Ogni parola e' ancorata ad un evento, un viso, uno sguardo, una emozione. Non sono immagini nella televisione, non sono suoni alla radio, sono suoni ed immagini che vengono da dentro.

Ma non sono queste persone che prendono le decisioni di solito. Chi prende le decisioni, sono i cosidetti burocrati, coloro che siedono a New York, a Vienna, a Ginevra, sono i dirigenti, coloro che decidono, parlano e dettano condizioni. Senza di loro pero' non ci sarebbe organizzazione, non ci sarebbe tutto quell'apparato logistico e materiale che serve a coloro che lavorano sul campo. I burocrati sono sempre accusati di parlare politichese e di non capire come funzionano le cose nella realta', ma la verita' e' che molti di loro a loro volta sul campo ci sono stati. E sanno che cosa vuol dire. Ma il fatto che non vivano piu' la realta che devono in qualche modo analizzare fa si che queste persone abbiano una capacita' di capire e decidere senza farsi condizionare da quello che i volti, le emozioni e gli odori possono solo confondere.

Il dilemma rimane. Quelli che vedono e non hanno voce, questi che hanno voce non vedono.
Ed e' questo che incasina tutto, e' questa disconnessione che fa arrabbiare gli uni con gli altri e che li delegittima rispettivamente. Ma la cosa peggiore e' che anche se sei cosciente di questa differenza, non ci puoi fare niente. Una volta che hai visto non puoi non vedere piu'. Ma quando non vedi piu' non puoi piu' tornare a vedere di nuovo.

Pochi giorni fa parlavo con un funzionario della agenzia per l'aiuto umanitario OCHA delle NU che era appena tornato da Gaza. Una persona con una esperienza sul campo incommensurabile, un uomo che ha vissuto tra i peggiori massacri che l'Africa abbia conosciuto e che ora lavora al quartier generale delle NU, e diventato un "burocrata".
Il suo ritratto del conflitto Israelo-Palestinese mi ha fatto capire che la mia visione globale era fondamentalmente basata su emozioni e non su fatti. E questo non significa che io fossi nel torto, ma consideravo solo una parte della questione.
Il mio vissuto e' cio' che fa di me quello che sono, ma quanto e' responsabile di quello che non sono?
Certe volte quando vogliamo disperatamente qualcosa tendiamo a cercare una soluzione facile ai problemi per poter visualizzare una soluzione possibile, per avere una luce a cui guardare alla fine del tunnel. Ma la verita' e' che la realta' e' complicata e non si riesce a visualizzare una soluzione certe volte. Ma se lasciamo andare la mente e riusciamo a disfarci dei costrutti mentali, delle barriere psicologiche, delle strutture culturali e sociali, allora potremmo immaginare qualcosa di diverso, potremmo immaginare una soluzione tra le inimmaginabili, potremmo imaginare qualcosa da trasformare in nuova realta'.

Basta non smettere mai di imparare, di ascoltare...e di indignarsi